- 30/12/2020
- Redazione
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Valle Castelli
Oggi ci lasciamo andare ad un post nostalgico, cercando di immaginare la valle alla destra del fiume Nera, di fronte al borgo di Papigno, valle Castelli appunto, l'antico nome del terrazzo fluviale che prende il nome dagli antichi proprietari di molte terre e della villa che oggi conosciamo come Villa Graziani.
La villa, di cui vi racconteremo in un'altra occasione, fu realizzata dai Castelli, una delle più antiche e nobili famiglie ternane, già nel Cinquecento e inserita fin da subito in uno splendido giardino.
Le particolari condizioni climatiche della conca di Papigno, riparata, assolata, ricca di acque, permise di impiantare qui specie arboree tipiche di zone più calde, arance, limoni, melangole e quei famosi "perzichi" di Papigno di cui vi racconteremo.
Tra Settecento e Ottocento, l'epoca dei viaggiatori del Grand Tour, Valle Castelli, che era l'unica via di accesso al sentiero tortuoso che portava alla vista della Cascata delle Marmore, appariva come rigogliosa e di straordinaria bellezza, una valle incantevole, cantata al pari della Cascata delle Marmore dai poeti, dagli scrittori, dagli artisti che la resero eterna tramite le loro opere.
"La via passa in mezzo al giardino della Villa Graziani e il soave profumo degli aranci, che liberamente fiorivano all'aperto arrivava fino ... ai boschetti di mirto, gli oleandri, cactus dalle tinte accese ... la vite americana ... l'ellera, le felci, i fichi ricchi di frutti, le querce e il Nera che correva in mezzo ai massi coperti di borraccina"
(Riccardi che cita lo scrittore tedesco F. F. Gandy, 1825)
Tuttavia, l'incanto non era destinato a durare.
Ai primi del Novecento iniziò la costruzione delle grandi centrali idroelettriche di Papigno, Cervara, Galleto, Monte Sant'Angelo, la centrale elettrica di Villa Valle e lo stabilimento per la produzione di Carburo, che cambiarono radicalmente l'aspetto della valle e la vita degli abitanti stessi. Lo stabilimento di Carburo, oltre a distruggere il cimitero dei papignesi, determinò un importante inquinamento atmosferico, una polvere residua si posò sopra tutte le cose, gli abitanti furono chiamati "gli impolverati", chiesero in più occasioni, e ottennero, risarcimenti dalla Carburo per i danni causati all'ambiente e alla salute.
La fabbrica, ormai obsoleta, chiuse nel 1973.
Le strutture son sempre li, a far da monito e a ricordare che non c'è progresso senza il rispetto della natura e del paesaggio.
Eppure, affacciandosi dalle terrazze di Papigno, un occhio ben attento scorge la bellezza che questo luogo conserva ancora.
I quadri di questi post sono parte dell'archivio digitale del sito www.plenaristi.it, del progetto I plenaristi nella valle incantata.